LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Amina Narimi
|
||||||||
Allunga le ore il suo nome Con Indicibile e breve potenza Trova riparo negli occhi Una mussola bianca, si muove E raccoglie le cose del mare, Nella fragile danza di casa
Così profonda l’assenza Da tornare, come una volta, Dove precipita il respiro Negli spazi fino ai minimi d’azzurro Sul margine del bosco necessario Per togliere dagli occhi la chiarezza
Offro un sentiero al silenzio Verso il largo del pianoro, e più su, Alla chiusa del vento, si colma, Nascosta tra le mani, Di tutta la distanza luminosa, Un’urna, per dire sì al Solstizio E niente ombre
Mentre vegliamo la luce più grande Del giorno che c’è, in fondo alla gola Un fluido commosso si acquieta E le stelle vengono a piedi, In processione, stupende Alla notte minore, da farti restare futura Nel continuo vedere e chiamare Mammet
Nel piccolo buio. Inciampo ancora e bevo, nel grumo, dalle radici amare Sprigionando la luce da cui vengono gli alberi Come te, con un gesto delicato Come un discorso d’amore Imparo nuovamente a cadere, Più grande e devota, attraverso le vite, Tutte le maternità che genera la morte, A rialzarmi tra poche cose, nella povertà, Più sensuale e pura, conosciuta
Nella perdita, ogni cosa ha la sua legge Fino al bordo della vasca Un solo sorso d’acqua, per la gioia, Basterebbe, Come i fili d’oro sulle cicatrici Che riparano quei vasi, per brillare, Basterà. |
|